Proseguiamo l’analisi del primo film della serie Arma Letale. Nell’articolo precedente abbiamo analizzato l’opera dall’inizio al midpoint, rivelando che si tratta di un midpoint incompleto a livello di conflitto esterno, ma che questa incompletezza non la considero un reale problema del midpoint, a differenza di quanto scrive la Marks, ma un tipo di errore diverso. Completiamo l’analisi!
Al mattino Murtaugh e Riggs discutono di chi potrebbe aver avvelenato Amanda Hunsaker: forse non è stato un uomo, forse con lei nella stanza c’era una donna. Capiscono che probabilmente è stata Dixie, la prostituta che pur non essendo di quella zona ha detto alla polizia di aver visto tutto, forse per scagionarsi nel momento in cui qualcuno l’aveva vista lì accanto al cadavere.
I due poliziotti hanno raggiunto una notevole intesa, sono una squadra in grado di decidere la mossa successiva assieme. A mio avviso questa piccola comprensione dei fatti mentre sparano al poligono, unita alla cena precedente in cui Riggs vive la pace famigliare assieme a Murtaugh, funzionano da momento di grazia della vicenda: d’altronde è una vera e propria pausa pacifica dopo diverse scene d’azione.
Questo perché il vero midpoint, come spiegato la volta scorsa, è quello interiore: sono quindi in disaccordo con la Marks quando afferma che il momento di grazia è brevissimo o nullo in questo film, perché pretende di collocarlo DOPO il midpoint a livello esteriore “come rivelazione sul nemico”, che io non considero un aspetto vero e proprio del midpoint, e che arriva subito dopo la scena al poligono.
La mia interpretazione oltre a essere più fedele al senso dell’arco come descritto dalla Marks, individua anche il momento di grazia presente nel film e che la Marks ha ignorato…
I due poliziotti si recano alla casa di Dixie che BOOM salta in aria di fronte ai loro occhi con comodo tempismo: se fossero arrivati un minuto prima o anche solo dieci secondi prima, sarebbero morti assieme a Dixie. Se fossero arrivati invece dieci minuti prima, forse sarebbero sopravvissuti tutti visto che Dixie sarebbe finita con loro in centrale per interrogarla. Le tempistiche “comode” non sono una buona idea: non sono sopravvissuti grazie alle loro capacità, ma solo perché non sono arrivati qualche secondo prima.
Dai resti dell’ordigno esplosivo Riggs capisce che è opera di un militare. I bambini in strada confermano di aver visto un tecnico armeggiare fuori dalla casa di Dixie e uno di questi ha perfino visto il tatuaggio delle forze speciali, uguale a quello di Riggs, che il tizio aveva sul braccio. Bambini che giocano che badano a dettagli insignificanti pur di aiutare la storia a proseguire. Molto bello. Ora i protagonisti sanno che i loro avversari sono degli spietati assassini provenienti dalle forze speciali!
Il midpoint secondo la Marks si conclude qui, ma come vi ho spiegato la volta scorsa non lo trovo corretto secondo la teoria. Qui si conclude la fase “sconosciuta”, al minuto 67 su 110, ma la trasformazione del midpoint è stata completata prima e c’è già stato perfino il momento di grazia.
Giusto per sicurezza: ricordi gli elementi dell'Arco di Trasformazione, vero?
Finalmente i protagonisti hanno le idee chiare su cosa stanno affrontando: sono usciti dalla fase della storia in cui la natura dei fatti era sconosciuta, hanno preso confidenza tra di loro e hanno capito quanto sia pericoloso il nemico.
I due poliziotti si recano da Hunsaker e lo mettono spalle al muro. Scoprono così che Amanda è stata uccisa per avvertirlo di stare zitto, di non tradire i narcotraficcanti per cui riciclava denaro tramite la sua società. Narcotrafficanti ex-membri delle forze speciali, come Hunsaker, che durante la guerra del Vietnam conducevano operazioni sporche per la CIA e dopo il conflitto si erano riciclati come trafficanti di eroina, sfruttando i loro contatti in Asia.
Hunsaker fa appena in tempo a dire a Murtaugh che non lo potrà aiutare, perché ha un’altra figlia e i narcotrafficanti la uccideranno se lui collabora, che arriva un elicottero con sopra il signor Joshua e Hunsaker viene ucciso da un colpo di fucile. Minuto 71.
Una scena senza senso: perché il generale ha fatto uccide Amanda per intimare il silenzio ad Hunsaker, se poi intendeva uccidere lui e basta? Ricordiamo che il generale non sapeva nulla dei poliziotti venuti a parlare con Hunsaker: quando parla con Joshua via radio, scopriamo che hanno saputo ora della loro presenza.
Quindi o sta uccidendo Hunsaker senza motivo ora, perché gli è girato di cambiare idea (eppure la morte di Amanda aveva funzionato per spaventarlo), oppure ha ucciso Amanda a caso prima senza motivo perché era idiota e voleva rischiare che Hunsaker, per la rabbia, invece di pensare alla seconda figlia lo denunciasse subito e si facesse inserire in un programma di protezione testimoni. Arma Letale non è un film che brilli per intelligenza: è nella media dell’immondizia che finisce al cinema anche oggi.
Giustamente Hunsaker muore, comodamente, di fronte ai due poliziotti in modo che possano vedere Joshua sull’elicottero e Joshua possa vedere loro. Hunsaker poteva morire qualche minuto prima del loro arrivo. Poteva morire il giorno prima. Poteva morire ore dopo. No: muore proprio nei pochi minuti in cui loro sono lì. Se no la storia non poteva andare avanti così facilmente…
Signor Joshua, si faccia vedere meglio dai poliziotti, su!
Il generale ordina a Joshua di uccidere i due poliziotti, dopo aver scoperto che hanno assistito alla morte di Hunsaker e che hanno parlato con lui. Ha senso che li voglia uccidere, visto che sembra altamente probabile che Hunsaker abbia fatto il suo nome.
E qui ritornano le coincidenze e le tempistiche a caso. Vediamo di notte, sotto la pioggia, Riggs e Murtaugh parlare con delle prostitute. Riggs mostra la foto di Amanda a una ragazza e chiede se sa chi era il pappone che l’aveva in scuderia… proprio in quel momento arriva un’auto ad alta velocità, sfreccia accanto a Riggs e Joshua si sporge e lo investe con una scarica di pallettoni.
Riggs ha visto per una frazione di secondo, con poca luce, un tizio su un’auto in corsa che gli ha sparato… e nonostante le pessime condizioni e il trauma, ha riconosciuto perfettamente il tizio: è quello dell’elicottero. Non molto credibile.
Velo pietoso su Riggs che vola via sbalzato dal colpo e infrange una vetrina. Non vi devo spiegare come funziona il rinculo per farvi capire che, dato che a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, terzo principio della dinamica, se una scarica di pallettoni fosse in grado di far volare per metri chi colpisce, farebbe volare indietro per metri anche chi spara, vero?
Riggs sopravvive grazie al giubbotto antiproiettile che indossava perché, a quanto pare, ora non è più così indifferente all’idea di morire: grazie al cambiamento avvenuto nel midpoint è sopravvissuto a una scena in cui prima sarebbe morto per certo.
Il nuovo piano dei due poliziotti è di far credere che Riggs sia morto, per farlo agire di nascosto. Subito dopo arriva una chiamata dalla radio dell’auto: c’è un cadavere a due isolati dalla casa di Murtaugh, e ha l’aspetto del ragazzo che sua figlia frequenta…
Murtaugh torna a casa e il telefono squilla: sua figlia è stata rapita, e per salvarla deve recarsi dove loro gli indicheranno. Riggs convince Murtaugh a fidarsi di lui: siamo al minuto 79 ed è chiaro che i narcotraficcanti uccideranno comunque sua figlia, perché ormai grazie alla vicenda di Hunsaker è chiaro come agiscono, per cui bisogna combattere.
Ora Murtaugh deve passare dalla comprensione astratta del bisogno, in certi frangenti, di uccidere, alla capacità concreta di farlo. Riggs lo può aiutare, come lui ha aiutato Riggs a ridare valore alla vita. Ora Riggs può insegnargli ad accettare di dover uccidere, a scegliere di uccidere non solo come reazione per difendersi ma anche come “scelta” per proteggere i propri cari. Dare la morte per proteggere la vita.
L’esperienza di morte non è realizzata nel modo migliore. In teoria l’esperienza di morte deve rappresentare una sconfitta per il protagonista a causa del proprio difetto fatale non completamente superato. Succede la cosa peggiore di tutte e il superamento del midpoint si rivela apparente, incompleto. In questo caso l’esperienza di morte appare dimezzata: succede una cosa terribile, ovvero la figlia di Murtaugh viene rapita da spietati assassini, ma questo non causa una sconfitta legata al difetto.
I protagonisti perdono: affrontano i narcotrafficanti nel luogo dell’incontro e vengono presi prigionieri, ma non perdono per colpa del proprio difetto che torna a fare capolino. Perdono solo perché i nemici sono più numerosi e forti di loro. Mentre fino a poco prima i cattivi uccidevano sempre tutti senza farsi problemi, ora vogliono Murtaugh vivo a tutti i costi per interrogarlo. Questo bisogno di prenderlo vivo è l’unica cosa che lo salva dalla morte.
I protagonisti sopravvivono solo perché i loro nemici non hanno intenzione di ucciderli: che fortuna che proprio all’ultimo i cattivi prendono una decisione intelligente!
Al minuto 87 termina l’esperienza di morte: la ragazza non è stata salvata e loro sono stati catturati. L’esperienza di morte è iniziata al 70% del film e si è conclusa al 79% del film, lasciandoci un 21% per il terzo atto… o per il resto del terzo atto, in base a dove preferite conteggiare la posizione dell’esperienza di morte, che è un evento sempre di confine tra i due atti, come spiegato tempo fa. Dimensione quindi ottima, se ricordate la mia spiegazione sul fatto che il bilanciamento 25-50-25 delle scene all’atto pratico diventa spesso, come tempi, 30-50-20.
Come mai i cattivi non hanno ucciso i due poliziotti? Perché, bontà loro, dopo una sequenza di scelte idiote hanno finalmente preso una decisione sensata: non sapendo cosa Hunsaker abbia detto alla polizia, e non potendo correre il rischio di trovarsi addosso la polizia quando arriverà, presto, il prossimo enorme carico di eroina, devono estorcere le informazioni ai poliziotti prima di ucciderli. Questo spiega anche come mai abbiano rapito la figlia di Murtaugh, per attirarlo, invece di piantargli una bomba sotto casa come con Dixie.
Nel caso il pubblico non ci fosse arrivato, questo bisogno di interrogarli invece di ucciderli e basta viene spiegato in modo sufficientemente naturale dal signor Joshua. Sfortunatamente questo avviene dopo la cattura, per cui lo spettatore ci arriva avendo avuto già una “brutta impressione” di scarso realismo quando i cattivi evitano apposta di ucciderli. In una progettazione più corretta delle scene certe impressioni poco positive andrebbero evitate, come spiego nel primo modulo del mio corso a pagamento per autori.
I cattivi promettono indescrivibili torture ai protagonisti, soprattutto a Riggs, ma il tutto si riduce a qualche scossa elettrica per Riggs e qualche pugno per Murtaugh, con solo un poco di sale sulla ferita sulla spalla come extra. Dopo le promesse fatte da Joshua sull’abilità del suo torturatore di fiducia, ci si aspettava che Riggs a fine lavora avesse perso tutte le unghie, orecchie, denti, naso, almeno un occhio e avesse i tendini delle gambe recisi. Qualcosa sullo stile di Griffith nel manga Berserk, insomma. Invece no: il torturatore dopo poche scosse, con Riggs ancora perfettamente in grado di reagire e combattere, rinuncia e dichiara che non sa nulla perché nessuno poteva resistere così tanto. Davvero pietoso.
Non solo i cattivi lavorano male, ma tengono anche Riggs appeso in modo tale che possa tentare di liberarsi, cosa che poi fa con tanto di scena ridicola in cui spezza il collo del torturatore usando le sola forza delle cosce, mentre rimane appeso al soffitto.
Una storia in cui i cattivi devono fare ogni sorta di errori e idiozie per permettere ai buoni di vincere, è avvilente per il pubblico dotato di un intelletto degno di questo nome ed è avvilente per la professionalità di chi pensa l’opera. Significa che l’autore è troppo stupido per immaginare uno scenario credibile in cui i buoni possano cavarsela. Talvolta succede perché l’autore si è affezionato all’idea iniziale e dopo ha scoperto che è senza scampo, ma la soluzione non è rendere lo scenario idiota: è pensarne uno diverso che funzioni.
Lo vedo accadere di continuo nei romanzi, anche di bravi autori, per cui non è colpa del cinema e basta: è colpa delle tare mentali dell’umanità tipica, la cui propensione per il pensiero razionale è alquanto modesta.
Soprattutto quando il torturatore da operetta non si impegna nemmeno un po’ nel suo lavoro, per necessità di trama.
La fase di “discesa” dopo l’esperienza di morte termina al minuto 91, ma non c’è alcuna trasformazione perché, come visto prima, la sconfitta nell’esperienza di morte non è stata causata da colpe dei protagonisti e il loro superamento del difetto fatale è già completo e perfetto. Una cattiva scelta a livello di progettazione. Semplicemente a quel punto Riggs si libera e va a liberare Murtaugh in una scena ridicola in cui i cattivi invece di sparare stando a distanza si lanciano in corpo a corpo per farsi abbattere a mani nude e disarmare. Alla fine i buoni sconfiggono gli scagnozzi dei cattivi e inseguono i due fuggitivi, ovvero il generale e Joshua.
Alla fine del film Joshua decide di andare a casa di Murtaugh invece di fuggire dalla città. Aveva la possibilità di fuggire, aveva seminato la polizia, ma decide di vendicarsi a tutti i costi contro la famiglia del poliziotto nero. Cattivo perché sì, a scapito della propria sopravvivenza
Senza senso anche il cartello che Joshua trova in casa. Chi lo ha messo? Forse i poliziotti, che tra l’altro si sono fatti ammazzare come dei fessi nella loro auto, senza badare al fatto che il tizio che li ha affiancati in tutta calma fosse Joshua (che non passa proprio inosservato). Alla faccia dei poliziotti americani con la pistola sempre pronta… l’unica spiegazione è che non sapessero cosa stava succedendo.
Oppure il cartello lo ha lasciato la famiglia di Murtaugh prima di scappare? Cioè, sta piombando lì da un minuto all’altro un feroce assassino e loro invece di scappare e basta perdono tempo a scrivergli un messaggio? E non allertano i poliziotti? Vabbè… Non c’è una spiegazione, comunque la si gira è senza senso. E dire che sarebbe bastato fare meglio la scena, con Joshua che si ferma prima, arriva a piedi e uccide a sorpresa i due poliziotti all’erta ad attenderlo e poi trova la casa vuota senza alcun cartello. Ancora meglio se dentro casa avesse trovato i poliziotti, in attesa del suo arrivo per sparargli…
Insensato anche che Riggs e Murtaugh lancino l’auto contro la casa, demolendo una parete: funziona solo perché Joshua, che non è stato in alcun modo sorpreso o danneggiato dall’evento, pur vedendo che l’auto è vuota decide di distrarsi, guardare dentro e farsi disarmare da Riggs. Al solito, si va avanti a chi è più scemo: se la storia avesse avuto senso, Joshua sarebbe stato pronto a sparare e si sarebbe barricato da qualche parte dopo l’arrivo dell’auto e i due poliziotti invece di sorprenderlo si sarebbero trovati in svantaggio. Riggs riempie Joshua di botte, mentre la polizia osserva, e Murtaugh lo lascia “sfogare” senza proteggere il criminale, a dimostrazione che ormai è cambiato ed è in grado di accettare anche gli aspetti più violenti della natura umana.
Finita qui? No, come detto Joshua ha perso qualsiasi brandello di sensatezza come personaggio e, sotto il tiro di diversi agenti, ruba la pistola di uno dei due poliziotti che lo sta arrestando e si fa abbattere dagli spari simultanei di Riggs e Murtaugh, ora in grado entrambi di uccidere assieme senza tentennamenti, come una vera squadra. In pratica hanno ammazzato una sagoma di cartapesta, come credibilità dell’antagonista.
Il film si riscatta nell’epilogo vero e proprio, ovvero le scene che dovrebbero mostrarci come ora i personaggi abbiano risolto i loro problemi e quindi li aspetti una vita migliore, che possono affrontare. Con Murtaugh lo abbiamo già visto, dato che ha sparato a Joshua senza esitare. Riggs lo vediamo ora salutare la moglie presso la sua tomba, come se avesse accettato finalmente la sua morte (non l’abbiamo mai visto prima al cimitero) e di dover andare oltre.
Riggs va a casa di Murtaugh per consegnargli il proiettile speciale, come segno che le pulsioni suicide sono svanite: è pronto a vivere di nuovo… e lo è anche grazie a Murtaugh, che subito se lo trascina in casa per il cenone di Natale con la sua famiglia. Un bel finale, chiaro e soddisfacente: peccato che il climax, soprattutto nella fase finale con Joshua, sia una stupidata pigra e mal scritta.
Il ritardo mentale cavalca selvaggio nelle praterie del cinema.
La costruzione dell’empatia è solo sufficiente. Murtaugh vediamo che è simpatico e che ha una famiglia che lo ama e colleghi con cui è in buoni rapporti, per cui abbiamo un voto positivo a favore del suo essere “moralmente giusto”, ma non vediamo alcuna sofferenza ingiusta nel primo atto. L’empatia va costruita a inizio storia e rafforzata dopo: se la si costruisce solo dopo fornendo sofferenze ingiuste tardive, nel frattempo il pubblico non ha avuto motivi per seguire il personaggio o preoccuparsi per lui per davvero.
Riggs va un po’ meglio, nel senso che lo vediamo soffrire per la morte della moglie e lo vediamo a un passo dal suicidio… ma non è una sofferenza ingiusta causata da altri: la morte della moglie, fuori dal film, è stata una sofferenza ingiusta mentre ciò che accade ora è qualcosa che Riggs si sta causando da solo con la propria incapacità di superare il lutto. Metà della colpa è sua. Non è la costruzione ideale dell’empatia.
Nell’insieme diciamo che è sufficiente: tra i film d’azione non è raro che vada ben peggio di così, e che troppe volte non vi sia proprio alcuna attenzione al lato umano e alla costruzione dell’empatia verso i protagonisti.
Qui la situazione si fa poco elegante. Per discutere il caso useremo la classificazione dei bisogni umani di Maslow, come spiegato nell’apposita lezione sulla posta in gioco.
Fino alla morte di Hunsaker non c’è molto in gioco per i protagonisti: corrono dei rischi, ma lo fanno nel contesto di un’indagine che loro pensano normale, non hanno idea di dove si stiano cacciando. È un caso come altri. Non pensano che se falliranno il loro onore sarà distrutto o altre stronzate. Non hanno alcuna minaccia reale che li ponga davanti al bivio “proseguire l’indagine e rischiare la vita oppure mollare tutto e cavarsela”, come se la posta in gioco fosse la loro autostima, il loro senso del dovere di poliziotti. Niente.
Sappiamo che Riggs è mosso dal senso del dovere, che potremmo classificare come “autorealizzazione”, anche se ha perso la persona che ama e non ha amici (la situazione sul versante “amore e appartenenza” è disastrata). Si aggrappa a ciò che gli rimane della sua vita. Però questo non riguarda nello specifico questa storia, ma la sua vicenda in generale da tempo.
Dopo la morte di Hunsaker i due poliziotti sono nel mirino dei cattivi e si passa all’improvviso da niente, o al massimo autorealizzazione nel fare bene i poliziotti, alla sopravvivenza: se rimangono con le mani in mano è chiaro che moriranno, perché i loro nemici sono dei pazzi e non si fermeranno nemmeno se loro dovessero smettere di indagare, come diventa chiaro dopo.
Il rapimento della figlia è utile a mostrare come talvolta la sopravvivenza delle persone che si amano sia più importante della propria: “amore e appartenenza” batte la mera “sopravvivenza”, come un bestia che muore per difendere i cuccioli o simili. Murtaugh ha accettato di poter morire: non gli piace, ma ha accettato che il pericolo esiste… ma colpire sua figlia è un’altra cosa, è molto peggio!
Si rimane nel campo della sopravvivenza, visto che l’obiettivo rimane quello di uccidere Murtaugh con la scusa di rapire la figlia solo per farlo uscire allo scoperto, ma c’è un problema… il problema è che Murtaugh, se scappasse all’estero mandando tutto affanculo, inclusa la famiglia, non morirebbe. Quindi non possiamo dire che in gioco ci sia davvero la sopravvivenza. Ricorda “la posta in gioco è ciò che il personaggio perderebbe se rifiutasse di partecipare alla storia, e che non è disposto a perdere”, e lui in questo caso perderebbe una persona che ama e perderebbe la propria vita felice se scappasse, oltre al proprio onore di sbirro, e non la propria vita.
Non è un granché. È vero, alla fine si tratta di un film d’azione e spesso i film d’azione sono progettati molto peggio di così, ma rimane un problema: come nel discorso degli anime, proprio perché ci piacciono i film d’azione dovremmo pretendere il massimo dalle storie e non robette raffazzonate. Giustificare gli errori col genere significa disprezzare il genere: pretendere qualità dal genere significa rispettarlo.
Film d’azione: come con gli anime bisogna frugare in molta merda per trovare qualcosa di buono. E sfortunatamente questo è vero anche per gli altri generi… :-D
Al di là della novità storica che Arma Letale ha rappresentato, in particolare grazie al dramma di Riggs, si tratta di un film con una buona progettazione generale a livello tematico e di protagonisti, che però si fa poco incisivo e un po’ confuso nella realizzazione, perdendo l’occasione di essere un capolavoro a livello di Rambo o Gente Comune e limitandosi a essere un buon film. Un ottimo film, rimanendo ai soli film d’azione.
Il che è già tanto, visto cosa esce al cinema ormai, troppo spesso: la mancanza totale di cura nelle storie è ciò che danneggia i film di oggi, alla faccia dei (pochi) gonzi convinti che vi sia troppa attenzione alla trama. Ma come, fino a poco fa non era troppa attenzione agli effetti speciali e poca alla storia, che si riduceva a formulette male applicate?
Senza solide basi teoriche, le opinioni si riducono a farfugliamenti dettati dalle fisime del momento… e dal fastidio verso un campo tecnico specialistico che non si padroneggia, neanche quando magari si sceneggia (molto male) per lavoro, e che quindi crea disagio.
Come avrai potuto notare, la mia analisi è un po’ diversa da quella fatta da Dara Marks nel suo saggio. Non solo per i contenuti di teoria in più utilizzati, ma anche per alcune interpretazioni degli aspetti dell’arco. Spero che possa esserti stata utile!
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