Aggettivi e Avverbi di Modo

[Questa è l'undicesima lezione vera e propria del Corso Base di Scrittura: se hai perso l'introduzione al Corso Base di Scrittura e Sceneggiatura, ti consiglio caldamente di leggerla!]

 

Avverbi di modo

Evita gli avverbi in “–mente”. Sono inutili e fastidiosi. Segui la regola per cui ciò che non migliora la frase allora la peggiora (concettualmente sempre all’iceberg di Hemingway e ad Aristotele si torna).

Guarda queste frasi:

  1. In alcuni casi gli avverbi usati sono semplicemente inutili.
  2. In alcuni casi gli avverbi usati sono inutili.

La seconda frase ha lo stesso significato della prima? Sì. Quel “semplicemente” nella prima frase serve a qualcosa? No. Allora è meglio la seconda.

Ora modifico il commento di nuovo, tramutando il timido “in alcuni casi” nella versione più realistica “spesso” e levando “usati”, visto che è sottinteso che se ci sono degli avverbi nella frase allora sono stati usati degli avverbi.

Spesso gli avverbi sono inutili.

Non è più chiaro, diretto e realistico così? Quando si scrive non c’è posto per la timidezza o l’incertezza. Spesso l’avverbio di modo sembra necessario solo per la mancanza di dettagli precisi.

Chi ha mai visto un avverbio di modo nel mondo reale? Il mondo reale è fatto solo di dettagli precisi, infatti. Se la narrativa vuole ricordare la realtà allora devono esserci solo oggetti con caratteristiche descrivibili in termini concreti e i verbi devono servire a mostrare come agiscono e cosa subiscono. Gli avverbi di modo non servono.

“Pino chiuse violentemente la porta e scese velocemente le scale” non è qualcosa che si possa vedere davvero. Più facile vedere Pino che “sbatté” la porta e “si precipitò” giù per le scale o “scese di corsa” le scale. Scendere velocemente significa fare le scale di corsa, no? Possiamo anche parlare di scendere i gradini a due a due se vogliamo precisare quest’altro dettaglio.

Ecco un esempio tratto dal romanzo coi Mech già citato qualche volta:

Io sono solo vagamente conscio della lotta all’ultimo sangue che si consuma intorno a noi.

Come mai l’autore ha usato “vagamente”? Perché non stava Mostrando. Ha deciso di Raccontare e Raccontare pretende avverbi e aggettivi per essere anche solo un po’ specifico.

Se il personaggio è “vagamente conscio” non è certo lui a dovercelo spiegare adesso, ma è la descrizione complessiva a dovercelo far capire! Come vive gli eventi, come dopo (una volta calmato) si accorge di essere rimasto isolato e vede i compagni morti ecc. tutto questo deve comunicarci implicitamente che era così occupato a salvare la propria pelle nel mezzo della lotta da non accorgersi degli eventi circostanti.

Basta mettere elementi che facciano capire come la sua attenzione non fosse singolarmente concentrata su uno o sull’altro degli eventi in corso, ma solo bombardata in generale dalla massa di stimoli. Un po’ come nel famoso senso di realtà ideato da Flaubert tramite la massa di elementi di contorno visti dal personaggio flaneur: il “gentiluomo che passeggia” e guarda il mondo attorno cogliendo un po’ tutto ciò che lo attira, non solo le cose narrativamente più utili, creando così un quadro vivido dell’am­biente.

Guarda quest’altro esempio dallo stesso romanzo:

Sento piangere e gemere, odo rimbombi e scricchiolii sinistri, raffiche, fiammate che si riflettono sulla superficie rivettata dei Mech come le luci dell’inferno.

Non c’è proprio bisogno di dire che è “solo vagamente conscio”: queste percezioni ridotte all’osso lo dicono da sole al lettore. Sì, non guardiamo adesso agli errori presenti. Nel mio Corso Avanzato questa brano viene utilizzato per un piccolo esercizio preliminare: se vuoi, finita la lettura di questo manualetto, prova a ragionare da solo su che problemi abbia.

Non è obbligatorio cancellare tutti gli avverbi di modo dal testo. Cerca solo di usarne il meno possibile. Ci sono anche ambiti in cui è lecito usarli: per esempio non sono fuori posto nei dialoghi perché è realistico usarli lì, è naturale, rendono credibili le battute.

Però, se proprio vuoi un esempio di pulizia totale degli avverbi di modo, c’è un grande autore, in termini di fama internazionale, che si è vantato di averli spazzati via tutti: Gabriel García Márquez.

Prima di Cronaca di una Morte Annunciata ce ne erano troppi. In Cronaca penso che ce ne sia solo uno. Dopo, in L’Amore ai Tempi del Colera, non ce ne è nessuno. In spagnolo l’avverbio in “–mente” è una soluzione molto semplice. Ma quando non vuoi usare “–mente” e cerchi un’altra forma, è sempre meglio.

Sembra un vanto puerile, ma è una questione di approccio: se scrivi con gli avverbi in “–mente” significa che hai rinunciato alla precisione, hai rinunciato a fare davvero il tuo lavoro di autore che scrive con verbi e sostantivi chiari in frasi concrete, scegliendo sempre la mot juste (parola giusta), come diceva Flaubert, senza accontentarsi della “sorella povera” a cui affibbiare aggettivi o avverbi per correggerla.

Una mendicante in abiti da principessa può ingannare gli sciocchi del ballo, ma chi ha esperienza noterà dal suo comportamento che hai addobbato la persona sbagliata. Togli gli addobbi degli avverbi di modo, manda via la mendicante e scegli la principessa!

Aggettivi con moderazione

Usa al massimo un aggettivo per sostantivo, e solo quando non riesci a farne a meno. Questo è un avviso di massima per tenere sotto controllo gli aggettivi. Lo scrittore russo Isaak Babel si vantava addirittura di non mettere mai due aggettivi assieme. Lo abbiamo già citato all’inizio del manuale, se ricordi, ma meglio rinfrescarci la memoria.

Ecco il suo parere:

[...] prima di buttare tutta la spazzatura, spezzo il testo in frasi più brevi. Più punti ci sono e meglio è. Sarebbe bello che divenisse una legge. Non più di una idea e di una immagine in una frase. Mai avere paura dei punti. […] Un sostantivo richiede solo un aggettivo, il meglio scelto. Solo un genio può permettersi due aggettivi per un solo sostantivo.

Citato da Hall in How Fiction Works.

Ricorda il discorso fatto su come il tuo testo debba basarsi su verbi precisi e sostantivi precisi, non su modificatori come gli avverbi di modo o gli aggettivi. Quando scegli un aggettivo ricorda sempre che deve essere chiaro e preciso. Gli aggettivi devono essere parte di una scrittura concreta, sensoriale. “Bello” è un giudizio, mentre “rosso” è un fatto.

L’abbondanza di aggettivi spesso si lega all’abuso di frasi molto lunghe e complicate. Scrivi in modo semplice. Usa frasi brevi, alternandole a frasi più lunghe solo dove necessario, in base al ritmo della scena (incluse le connessioni tra le azioni, più o meno legate tra loro in una diretta sequenza) e per non annoiare il lettore con uno stile troppo frammentario.

Mai comunque scrivere frasi ricche di subordinate e coordinate solo per il gusto di farlo: non stai scrivendo un testo di filosofia o di diritto nella Germania dell’Ottocento, non devi scimmiottare qualche professorone tedesco morto da due secoli. Non sei Clausewitz e non sei Hegel. E non sei morto. Spero.

Se entrerai davvero nel personaggio, se veramente starai vivendo la vicenda come la vive lui, non potrai comunque farlo. Abbondanti subordinate, con costruzioni che evocano giudizi e collegamenti a posteriori, sono l’opposto del buon uso del filtro. Ne abbiamo parlato già.

 

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